Nessuna luce di scena. Nessun applauso. Michael Landon, l’uomo che aveva insegnato all’America a credere nella famiglia e nella speranza, muore nel suo letto, circondato solo dalla moglie e dai figli.
Tre mesi prima, la diagnosi spietata: cancro al pancreas in stadio avanzato. In TV aveva giurato di combattere, mostrando un sorriso che nascondeva un dolore feroce. Dietro le quinte, il corpo cedeva ogni giorno di più.
Hollywood? Zitta. Niente speciali, niente tributi immediati. L’uomo che aveva creato La casa nella prateria e Autostop per il cielo veniva lasciato scivolare via senza il clamore che meritava.
Landon era stato molto più di un attore: era regista, sceneggiatore, produttore. Aveva trasformato il set in una famiglia e milioni di spettatori in fedeli amici. Ma al momento dell’addio, l’industria che aveva servito con passione lo ha lasciato solo.
Forse il vero scandalo non è la sua morte, ma l’oblio calato su di lui. Perché, mentre il mondo corre verso nuove mode, qualcuno dovrebbe ricordare che certi narratori non vanno archiviati.